E siamo finalmente giunti alla fine di questa drammatica vicenda.  Drammatica perché so di essere noioso, a parte le solite battute stupide spero di non esserlo…
I giorni passavano tranquilli, fra mare, piscina e animazione la sera, abbiamo fatto poco altro perché spostarsi con tanti ragazzi è difficile, perché Rodi è un posto di mare e non ci sono molte attrazioni, a parte le piccole giostre del paese, e perché spostarsi è costoso e non facile, con i carrozzati soprattutto. Ma la vacanza è andata bene per fortuna. I ragazzi continuavano a divertirsi e ad essere pieni di energia, mentre gli operatori iniziavano a cedere non solo fisicamente, stare 24 ore su 24 costantemente sull’attenti non è facile (dipende poi molto dal tipo di ragazzo con cui si lavora), ma anche mentalmente perché lo stress è notevole. Il segreto, almeno  per quanto riguarda il mio modo di lavorare, è cercare di rapportarsi con i ragazzi come se fossero persone qualunque, sempre però ricordandosi dei loro limiti, e cercare di essere collaborativi nei limiti del possibile con i colleghi, evitando discussioni inutili; cosa, quest’ultima, importante sia per far si che il soggiorno riesca bene e i ragazzi stiano tranquilli e si divertano, sia per contenere, sopportare lo stress e la fatica.
La sera della pizza, il penultimo giorno, fu molto bella, perché potemmo vedere riuniti in una lunga tavolata i ragazzi che felici e tranquilli aspettavano le pizze che avevano ordinato; per molti di loro è importante fare queste cose che per noi “normali” sembrano scontate, perché molti hanno poche occasioni di uscire o interagire con così tante persone, quindi diventano più importanti.  L’unica nota stonata, per modo di dire, furono i fischietti che gli furono regalati a fine serata… potete immaginare il casino dopo averglieli dati…
La serata fu bella anche perché molto bravi e gentili furono gli animatori, che si trattennero fino all’una di notte (quando di solito finivano a mezzanotte) solo per i ragazzi. Li ho visti piangere quando ci hanno salutati, dico solo questo.
La mattina successiva, il giorno della partenza, fu abbastanza caotica e pesante. Non tanto per il fatto che ci fosse chissà cosa da fare, a parte finire di sistemare le valige e fare una passeggiata e due chiacchiere per far passare il tempo (quest’anno ho avuto meno problemi perché avevo portato meno cose e la  valigia si è chiusa meglio), ma perché abbiamo dovuto aspettare il pullman che doveva venire da Roma, lasciare l’altro gruppo, per poi ripartire con noi; fortunatamente essendo due gli autisti, come la legge imporrebbe, appena caricate le valige siamo partiti.
Il viaggio di ritorno è andato meglio dell’andata. Siamo partiti verso le 14 e 30 e siamo arrivati alle 19 e 30 a Roma; eravamo tutti più o meno stanchi, e infatti molti hanno dormito durante il viaggio, e controllare i ragazzi in queste situazioni è molto più semplice, senza dimenticare che su un pullman è molto più facile.
In conclusione consiglio vivamente a chi voglia lavorare nel sociale di fare questa esperienza, arricchisce umanamente e professionalmente: è sempre molto utile stare a contatto e lavorare con chi sa più cose o comunque è più esperto o bravo. Ma la consiglio anche a chi vuole fare volontariato, perché comunque le situazioni e i momenti divertenti non mancano; l’importante è essere se stessi e pensare al bene del ragazzo. Per il resto l’esperienza si fa sul campo, non dietro i libri: lo studio secondo me in questo lavoro conta ma fino a un certo punto; dopo serve sensibilità, capacità di adattamento e intuito (ci sono sempre imprevisti nel lavorare con i disabili).

Giacomo Santamaria