È stato lo scorso 5 maggio, lo sciopero nazionale dei lavoratori della scuola, giornata che ha visto la sospensione delle attività educativa per l’intera giornata in segno di protesta contro le ultime riforme del governo. La risposta delle autorità governative a tutto questo? Secondo Renzi, la sua riforma servirebbe a ripristinare il nome di più di 100.000 insegnanti precari.

Le istituzioni scolastiche e la disoccupazione

L’Italia è tra i paesi con il tasso di disoccupazione più alto dell’Europa. Ma quel che è peggio è che, nella nostra penisola, sono i giovani la classe sociale più in difficoltà. Ma di chi è la colpa di queste spaventose statistiche? Sebbene i media, ma anche la popolazione stessa, abbiano preso la brutta abitudine di incolpare sempre la crisi di tutti gli aspetti negativi della nostra società, è necessario sottolineare che la verità è che la crisi c’entra ben poco con i tassi di disoccupazione giovanili in continua crescita. Il punto è che la scuola non è al passo con i tempi e, di conseguenza, non “produce” giovani in grado di affrontare il mondo del lavoro. I datori di lavoro, secondo alcuni sondaggi, si lamentano del fatto che i neodiplomati e i neolaureati che bussano alle loro porte in cerca di un impiego non possiedono, in realtà, le capacità essenziali per destreggiarsi con successo nella vita lavorativa. Ai ragazzi mancano l’autonomia, la capacità di lavorare in squadra, l’autocritica e le competenze comunicative.

La scuola italiana non dà ai giovani le competenze giuste

Il problema reale è che, dunque, la struttura scolastica non è stata aggiornata e quindi non è in grado di istruire adeguatamente i giovani riguardo le competenze essenziali necessarie sul lavoro.
A differenza della società del dopoguerra che prevedeva che i più abbienti studiassero preso licei e università puntando a posti da dirigenti mentre la massa avrebbe dovuto formarsi presso gli istituti professionali, nella società odierna è tutto diverso: tutti devono avere compentenze da dirigente, come la capacità di problem solving e di gestire e lavorare in un team. Ma, sebbene, il mondo del lavoro richieda che tutti ricevano un’educazione da dirigente, la struttura scolastica italiana è ancora in grado di preparare adeguatamente i propri studenti e la colpa è dei piani di studio inutili che molte università seguono e che, oggettivamente, non insegnano abbastanza.
Un esempio di competenza che le scuole dovrebbero insegnare è il concetto di etica del lavoro. Eppure dalle statistiche emerge che più della metà dei giovani italiani sono abituati a saltare volontariamente giorni di scuola. Per non parlare del fatto che gli alunni italiani sono abituati a copiare, spesso con l’aiuto degli insegnanti stessi. E come scordarsi degli scandali dei voti maggiorati alle università? Nonostante i dati siano così allarmanti, il 70 % degli insegnati sembra non essere affatto preoccupato in quanto dichiara di saper preparare con sufficienza i propri studenti.

La rivoluzione scolastica è prima una rivoluzione di mentalità

La scuola italiana avrebbe bisogno di una vera e propria rivoluzione che non deve partire, però solo dagli insegnanti ma, in primis, dagli studenti stessi, in quanto è in gioco il loro futuro. È ora di chiedere una scuola migliore e, nel frattempo, di darsi da fare, facendo esperienza al mondo del lavoro anche durante il corso degli studi, cercando di rientrare nel ristretto gruppo di neodiplomati e neolaureati che, nonostante tutto ogni anno, riescono a trovare lavoro.