Ora 7 e 30 del mattino.
Data 24 luglio 2013.
Luogo del “delitto” Via Ignazio Silone 100, terzo ponte Roma e Hotel Adria, Rodi Garganico.
Protagonisti principali del racconto: Giacomo, testimone diretto degli eventi e autore materiale di alcuni degli orribili “misfatti” accaduti; Jonathan vittima principale e predestinata.
Il giorno della partenza, l’ormai lontano 10 luglio 2013 (capirete più avanti nel racconto perché verrà definito così), il nostro “finto eroe”, cioè chi per voi e per l’Arciragazzi sfortunatamente scrive, dovette, non di sua spontanea volontà, fare la notte in bianco, dormendo in pratica tre ore e alzandosi alle 3 e 30 del mattino. Giunto al luogo della partenza, dopo una rapida occhiata mi accorsi (si accorse forse sarebbe più corretto, ma non sono un vero scrittore quindi, miei cari e coraggiosi lettori, dovrete accontentarvi dello stile bizzarro che userò) che erano praticamente tutti arrivati e il pullman era già pronto per caricare i bagagli; la mia valigia, ops, volevo dire quella del nostro eroe, era stata fatta il giorno prima ed era la metà dell’anno precedente, quando, in pratica, aveva lasciato a casa solo la cucina. Regola d’oro dei soggiorni estivi (come volontario, ne avevo fatti già 4 prima di quest’anno, più uno come “professionista” nel 2012, sempre a Rodi Garganico) è portare sempre tutto il necessario ma senza esagerare, perché solitamente si va in strutture dove c’è possibilità di lavarsi gli indumenti personali, e poi essere pronti a qualsiasi evenienza, perché con i ragazzi disabili può succedere tutto e il contrario di tutto.
Tornando al giorno della partenza, dopo i soliti riti pre-partenza di saluto ai familiari (in questo caso fu la mamma del nostro eroe ad accompagnarlo) e a chi fra gli utenti, così vengono definiti i disabili che partono per il soggiorno, e gli operatori, cioè gli assistenti sociali, furono caricate le valige e l’allegra combriccola di folli, da definire tale non per la presenza di disabili ma perché ci vuole un po’ di “sana follia” e di sensibilità per lavorare con chi ha degli handicap fisici o mentali, fu pronta per partire.
Dopo aver fatto salire i carrozzati, cioè chi sta in carrozzina, e poi il resto dei ragazzi, il pullman fu pronto per partire. Il viaggio fu lungo e faticoso, a causa dell’impossibilità di muoversi per 5 e passa ore (a parte le soste) e della stanchezza per il sonno perso, ma alla fine, nonostante un allungamento del percorso (l’anno precedente il pullman aveva girato in punto dove in realtà non poteva), giungemmo a destinazione verso l’una e trenta, dopo circa 5 ore di viaggio. Stanchi e affamati per il viaggio ma pronti per assaporare il pranzo!

Fine della prima puntata

 

Giacomo Santamaria