Volete la prova che in ognuno di noi c’è e resterà sempre un po’ dei bambini che eravamo?
Beh, solamente qualche giorno fa, un mio amico (di cui non farò il nome, ma posso dire che è un bambino molto cresciuto) mi ha fatto esattamente uno degli scherzi che il protagonista di questo racconto fa al suo migliore amico. Naturalmente io non ci sono cascata… ma solo perché conosco bene il tipo e ho imparato ad essere diffidente di fronte alle sue “innocenti” proposte.
E mettiamoci pure che, leggendo questo libro, molti di noi si ritrovano a ridere a crepapelle per le battute a raffica di questo ragazzino, Greg Heffley, che ci invita ad osservare il mondo dal suo punto di vista. Un punto di vista a dir poco ironico, ma sicuramente sconcertante, nel momento in cui ci rendiamo conto che la storia che lui ci racconta non è molto lontana da quella che abbiamo vissuto noi quand’eravamo bambini, o da quella che vivono i nostri figli, i nostri nipoti, e via dicendo.
Quindi è davvero così assurdo pensare che, per quanto ci sforziamo ogni giorno di diventare quelle persone mature che dovremmo essere, in tutti e dico TUTTI noi, ci sarà sempre una piccola parte del bambino che eravamo? A giudicare dal “Giornale di bordo” di Greg, che come lui stesso tiene a precisare non è un diario, forse un fondo di verità in quello che dico c’è.
Provate a leggere anche voi questo libro, e vi renderete conto che le vicissitudini in cui incappa questo giovane protagonista, non sono poi molto diverse da quelle che accomunano gran parte di noi. Infatti, seppure la trama sia semplice – e non potrebbe essere diversamente, essendo un diario scritto da un ragazzino che frequenta le scuole medie e che ci racconta come si svolge il suo anno scolastico – entrano in gioco problematiche che si potrebbero chiamare “da adulti”, ma che, in definitiva, sono le stesse che vivono i ragazzi; solo che loro, invece di affrontarle nella vita lavorativa di tutti i giorni, le affrontano nella vita scolastica.
Basti pensare all’esempio della “Malattia da formaggio” di cui ci parla il protagonista proprio all’inizio del libro, e che ci scopriremo poi a ritrovare nella sua conclusione; vi è legato un tale livello di stress, da poter facilmente essere ricollegato a quello a cui siamo soggetti oggigiorno. Voglio dire, ma riuscite ad immaginarvi l’ansia di dover stare tutto il santo giorno al lavoro con le dita incrociate per paura che altrimenti, se qualcuno vi tocca, vi passerà una malattia terribile? Che vi porterà all’isolamento?
Ognuno può pensare ciò che vuole, ovviamente, ma io credo che questa sia una situazione che viviamo tutti, in un modo o nell’altro.
Naturalmente i drammi adolescenziali sono ben diversi, in forma, da quelli che si vivono in età adulta, ma non così lontani in sostanza, come molti credono.
Nonostante queste considerazioni, che sono e restano comunque le valutazioni di una persona quasi cresciuta, e quindi in grado di leggere le sottili sfumature nascoste dietro le avventure di Greg, credo che l’importanza legata a certi argomenti arrivi lo stesso ai lettori cui è destinato il libro. La prepotenza dei più grandi e il bullismo a scuola, la tendenza degli adulti ad essere più indulgenti con i più piccoli, la capacità di riconoscere da soli qual’è la cosa giusta da fare, sono solo alcuni dei messaggi che arrivano diretti all’attenzione del lettore; soprattutto grazie allo stile fumettistico molto elementare delle vignette, e al linguaggio molto ironico e a volte quasi privo di filtri che utilizza Jeff Kinney, lo scrittore, che rendono il racconto davvero accattivante agli occhi dei bambini, proprio perché scritto dal punto di vista di uno di loro.
D’altronde, chi meglio di un bambino può sapere cosa li diverte?

Silvia Sacchetti

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